Women in Tech ER 2021

Women in Tech

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"Non c’è solo bisogno di una maggiore presenza delle donne nel settore digitale, ma anche di più digitale nella vita delle donne"
Paola Salomoni, Assessora all'Agenda Digitale della Regione Emilia-Romagna

Con il ciclo di eventi Women in Tech, la Regione Emilia-Romagna - nell'ambito della sfida Donne e Digitale di Data Valley Bene Comune, l’Agenda Digitale 2020-2025, e in collaborazione con la Rete dei Laboratori aperti dell’Emilia-Romagna- organizza eventi tematici, in presenza e online, dedicati alle varie manifestazioni dei divari digitali di genere.

In ognuno di essi, un’esperta delle tematiche oggetto di approfondimento, si confronta con Paola Salomoni, Assessora all’Agenda Digitale dell’Emilia-Romagna, per riflettere su spunti, esperienze e progettualità da mettere in campo per contrastare attivamente, e in maniera innovativa, gli stereotipi e gli altri ostacoli che ancora oggi impediscono una piena partecipazione delle donne alla società dell’informazione.

La prima edizione del format si è svolta tra novembre 2021 e febbraio 2022 nei Laboratori aperti di Ferrara, Rimini, Piacenza e Cesena, e ha visto la partecipazione di oltre 1.000 persone, delle quali oltre 200 in presenza e le restanti online.

La seconda edizione porterà alla realizzazione di altri sei eventi, tra aprile e ottobre 2022, nei Laboratori aperti di Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna, Forlì e Ravenna.

Di seguito si riportano gli highglights tematici degli incontri organizzati nel corso della prima edizione.

Data Stories: i dati raccontano la vita delle donne?

Data Stories: i dati raccontano la vita delle donne?

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Giovedì 18 novembre 2021 – Laboratorio aperto Ferrara, Ex Teatro Verdi

Paola Salomoni discute con Ivana Bartoletti, fondatrice del Women Leading in AI Network ed esperta internazionale di policy ed etica dei Big Data e dell’Intelligenza Artificiale.

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Highlights dell'evento

La raccolta, il processo e l’analisi dei dati che regolano le nostre vite e studiano i nostri bisogni non tengono sufficientemente conto dell’esperienza delle donne. Non è più sufficiente parlare di open data, perché i dati raccontano un mondo a misura di uomo. Affinché i dati servano alla società, è importante che la pubblica amministrazione cominci a generare e raccogliere dati con una lettura di genere, di modo che donne e uomini possano trarre uguali vantaggi dalla spesa pubblica e che le prospettive delle donne siano integrate in tutte le aree, con fondi specifici per affrontare i fattori di disuguaglianza. Quindi sì ai dati come bene comune, ma purché siano dati di “genere” e aperti: per prendere decisioni migliori, necessarie a misurare l’impatto di genere delle politiche pubbliche e a stilare i bilanci di genere.

La donna invisibile

  • I dati non sono neutri, ma specchio della società e dei valori vigenti. Gli algoritmi sono costruiti sui bias sociali esistenti, e attualmente riproducono in digitale i gender gap del mondo fisico.
  • La maggior parte della storia umana è la storia di un big gender data gap: questi silenzi hanno un impatto sulla vita quotidiana delle donne. 
  • Non solo i dati riferiti alle donne non vengono raccolti, ma, quando sono raccolti, non vengono poi differenziati da quelli maschili.
  • Un esempio: in campo medico, la formazione dei medici parte dall’assunto che non ci siano differenze tra corpo maschile e femminile, fatta eccezione per le dimensioni e le funzioni riproduttive. Quindi, per secoli si è utilizzato il corpo maschile come “norma”, considerando tutto ciò che si discosta come atipico, o non normale. In realtà, la differenza tra i sessi è presente in tutta l'anatomia, così come nel funzionamento degli organi.

Intelligenza artificiale e mondo reale

  • I dati sono un bene comune da utilizzare secondo criteri di equità e attraverso percorsi partecipati con gli stakeholder, per definire gli usi possibili che gli appartengono e li rappresentano.
  • Occorre lavorare per proporre Data trust e cooperative sociali: accordo tra il proprietario dei dati e un ente fiduciario che li gestirà nell’esclusivo interesse del primo, applicando le condizioni convenute.
  • Data altruism: dati messi volontariamente a disposizione da individui o aziende, per il bene comune, sotto la vigilanza delle cooperative dei dati.

Equità degli algoritmi

  • Gli algoritmi con funzione di policy avvocativa rischiano di perpetuare e amplificare i pregiudizi di genere e di classe sociale: vere e proprie profezie che si autoavverano.
  • È essenziale nutrire gli algoritmi dell’intelligenza artificiale con dati che rispecchino le persone vere e non i ruoli prefissati. La pubblica amministrazione deve tradurre la sua idea di equità in "computation".

Valutazione di impatto di genere

  • Registro degli algoritmi: la pubblica amministrazione mette a disposizione il registro degli algoritmi di intelligenza artificiale utilizzati affinché la società civile possa verificarne la correttezza e l’equità di genere e sociale
  • La Trasparenza è nella co-progettazione e nel processo di costruzione dell’algoritmo, non solo nel risultato dell’azione
  • Gender procurement: sviluppare assessment per misurare quanto le infrastrutture e le architetture degli applicativi tengono conto del genere
  • Formazione come luogo imprescindibile delle trasformazioni sociali: l’orientamento all’innovazione, al digitale e all’equità di genere parte dai genitori, dalle famiglie

Le donne invisibili: mercato del lavoro e disuguaglianze di genere

Le donne invisibili: mercato del lavoro e disuguaglianze di genere

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Giovedì 25 novembre 2021 – Laboratorio aperto Rimini Tiberio

Paola Salomoni discute con Azzurra Rinaldi, docente di Economia Politica e Presidente del Corso di Laurea in Economia delle Aziende Turistiche presso l’Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza.

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Highlights dell'evento

L’occupazione femminile continua a concentrarsi in settori che richiamano ai ruoli tradizionali della donna nella società, principalmente quelli di assistenza e cura: le donne sono il  77% degli occupati nel settore "Istruzione, sanità ed altri servizi sociali" e il 73% nel settore "Altri servizi collettivi e personali". Le donne sono sottorappresentate anche nell'occupazione ICT e sono generalmente impiegate in lavori digitali di bassa qualità, nonostante molti studi suggeriscano che l'equilibrio di genere nelle posizioni ICT di alto valore, sia gestionali che operative, migliori le prestazioni aziendali.

Il Global Gender Gap Report del WEF nel 2021 confronta l'evoluzione dei divari di genere tra quattro dimensioni chiave: partecipazione e opportunità economiche, rendimento scolastico, salute e sopravvivenza e empowerment politico, e tiene traccia dei progressi verso la copertura di questi divari nel tempo. Ci vorranno 135,6 anni per colmare il divario di genere in tutto il mondo.

Molti studi e ricerche concordano sul fatto che una maggiore inclusione delle donne nel mondo digitale favorirebbe la crescita economica dei Paesi. I 32 analizzati dall’Alliance for Affordable Internet hanno perso milioni di dollari di PIL a causa dell'esclusione delle donne dal mondo digitale. Nel 2020, la perdita sul PIL è stata di 126 miliardi di dollari: miliardi di tasse perse che avrebbero potuto essere investite per migliorare l'istruzione, la salute e le politiche abitative.

Trasformazioni digitali e lavori cosiddetti femminili: come si ribalta una situazione che vede le donne perdenti nel mercato del lavoro?

  • Le donne coprono il 74% del lavoro part time; oltre il 60%, interpellato a riguardo, dice che preferirebbe un’altra tipologia di inquadramento. il part time è spesso un obbligo inevitabile per far fronte ad attività di cura.
  • Per anni, è stato veicolato il luogo comune che le tipologie di leadership femminili, basate su approcci dolci, responsabili e fortemente vocati alla cura e all’attenzione nei confronti degli altri, fossero debole e inefficienti. Col tempo però ci si è resi conto che le evidenze dimostrano esattamente il contrario.
  • Banca d’Italia 2013: se solo il 70% delle donne in età lavorativa fosse realmente occupata, il PIL crescerebbe del 7%; di conseguenza, un PNRR maggiormente centrato sulle esigenze delle donne, avrebbe generato una crescita minima del 7%.
  • Per le donne c’è un problema di competenze digitali avanzate, ma anche di competenze digitali medie, quali quelle che occorrono per creare imprese non necessariamente digitali. Anche in questo ambito, i margini di crescita per le donne sono enormi.
  • Nelle PA c’è una grande rappresentanza di donne competenti e preparate. In tali ambiti lavorativi, il vero problema è conciliare l’aspetto giuridico con il principio del digital first; le norme con le opportunità offerte dalla tecnologia.

Segregazione professionale per le donne alle frontiere della new economy

  • Nel PNRR molte risorse vengono destinate al digitale, ma nel digitale le donne sono sottorappresentate: solo il 19% imprese femminili è compliant con i requisiti di imprese 4.0; il dato maschile è al 25%.

Geneder gap 2021: l'Italia in questo ambito si posiziona al 114 posto. Come risalire la china? La tecnologia più aiutare?

  • La formazione al digitale migliora la qualità del lavoro.
  • Invogliare le ragazze ad appassionarsi alla matematica? Innovazione nella formazione!  Chi eccelle in matematica accede a lavori allettanti che vengono pagati di più; ed essere pagati di più dà più libertà.
  • Mentoring effect: se non vedi tuoi simili in un posto, pensi che quel posto non faccia al caso tuo. Servono più donne nelle aziende, e ai loro vertici. L’effetto si presenta sia sul mondo del lavoro, sia in ambito universitario, soprattutto nei corsi di laurea a carattere tecnico-scientifico.
  •  Nel settore digitale lavorano tutti. La domanda da parte delle aziende è tale che in molti decidono di accettare offerte allettanti e ben remunerate prima ancora di completare la formazione universitaria. La rete accoglie tutte e tutti, occorre buttarsi e non avere paura.
  •  Se ad esempio agli insegnanti e alle madri si raccontassero più storie di successo femminile in ambito digitale, si potrebbero generare degli importanti effetti di ritorno a cascata sulle allieve e le figlie.

L'inclusione digitale [per le donne] non è solo buona politica, è buona economia

  • Duplice problema: la domanda sul digitale aumenterà, senza la disponibilità delle risorse necessarie per soddisfarla, e in tutto ciò le donne rischieranno di rimanere ancora più indietro. C’è un deficit di 1.000 esperti per il solo settore delle telecomunicazioni: in questo scenario, l’assenza delle donne diventa ancora più rilevante. La Commissione UE sostiene che nel 2020 mancassero 1 milione di persone nel settore digitale; nel 2030 ne mancheranno 2 milioni.
  • In economia  non ci sono terze vie: o c’è efficienza o inefficienza. La scarsa presenza delle donne, e i fattori che le penalizzano, causano diseconomie.
  • La produzione di reddito non è un gioco a somma zero. Non è questione di battaglia tra i generi: al crescere delle opportunità per un genere, corrisponde una crescita complessiva della “torta” del reddito.
  • Occorre ripartire dal lavoro delle donne. In Italia e nel resto del mondo rappresentano la maggiore forma di capitale umano: si laureano prima, di più e con voti più alti rispetto agli uomini. Se non si creano condizioni per facilitare le loro condizioni e opportunità lavorative, si mortificano delle enormi potenzialità di sviluppo. Questo capitale inutilizzato va liberato.

Intelligenti e Inclusive: le Smart City delle donne

Intelligenti e Inclusive: le Smart City delle donne

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Giovedì 2 dicembre 2021 - Laboratorio aperto Piacenza, Ex Chiesa del Carmine

Paola Salomoni discute con Flavia Marzano, consulente, formatrice e docente universitaria esperta di trasformazione digitale, open government e lavoro agile.

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Highlights dell'evento

Il concetto di smart city descrive un approccio al governo delle città per cui tutte le politiche sono definite e implementate in una logica di integrazione, con lo scopo di migliorare la qualità della vita  dei cittadini e la condizione ambientale, e promuovere al contempo lo sviluppo economico.

Oggi le innovazioni passano prevalentemente dalle trasformazioni digitali che stanno investendo in modo rilevante le città, sia dal punto di vista dell’organizzazione funzionale, sia da quello delle modalità di governo e amministrazione. Le rivoluzioni digitali però non hanno reso il mondo «piatto» anzi, per certi versi, hanno accresciuto i dislivelli e le disuguaglianze.

Le potenzialità delle trasformazioni digitali non solo come strumenti di efficientamento del lavoro pubblico e semplificazione per cittadini e imprese, ma anche come strumenti di partecipazione consapevole e informata, sono ancora oggi in gran parte inesplorate.

In che modo, quindi, le città intelligenti e digitali possono essere, diventare e trasformarsi in città rispettose delle differenze di genere, ma anche di quelle generazionali tra genitori e figli, giovani e anziani e in generale della stratificazione sociale, economica e culturale della società?

Inclusione + Innovazione: la formula della Smart City?

  • Occorrono policy inclusive: la nuova Agenda Digitale regionale pone con forza un tema di inclusione di genere che diventa a tratti un’emergenza  ben visibile, altre volte rappresenta una criticità economica non indifferente, da porre all’attenzione di tutti.
  • La smart city costruita sulla base di questi due principi non sarà solo a dimensione di donna, ma a misura di tutti, spostando l’asse dei dati dal maschile al plurale.
  • Occorrono decisor*: dobbiamo evitare l’inciampo di far decidere sempre i maschi. Poche sono le donne competenti di tecnologie, quindi è difficile mettere loro a capo di decisioni sulle tecnologie.
  • Le competenze digitali sono la vera emergenza del momento. Il mondo dell’impresa più o meno è partito. Prima i big e a seguire le imprese di dimensioni minori. Dietro segue la società, compresa la PA, ad esempio con la sanità che sta facendo molto su questo tema. Però sul tema delle competenze digitali siamo ultimi in Europa. 
  • Occorre cambiare la narrazione. Il digitale non è materia da nerd. il digitale è divertente, è creatività, possibilità di favorire cambiamenti sociali, di impattare su tutti gli ambiti del nostro vissuto. E così andrebbe raccontato, per fare in modo che più ragazze e ragazzi seguano percorsi di studi negli ambiti scientifici e tecnologici: prendete una vostra passione e calateci il digitale.
  • L’immaginario non deve essere diventare professori di informatica all’università, ma protagonisti del proprio tempo, che è un tempo fortemente influenzato e scandito dal digitale.

Conciliazione o Condivisione: verso Smart City friendly?

  • Le smart city da sole non possono permettere di realizzare questi ambiziosi traguardi. Occorre un lungo lavoro culturale e di formazione. Solo a quel punto si potrebbero riequilibrare i bias, compresi quelli dei dati, permettendo di disegnare smart city family friendly.
  • In Canada hanno messo insieme orfanotrofi e RSA. Una soluzione geniale, perché in grado di garantire al tempo stesso rifugio per i bambini e compagnia per gli anziani. Occorre farsi venire idee del genere, mettendo insieme più tipologie di professionist*, provenienti da diversi ambiti disciplinari, per elaborarle. Bisogna condividere insieme le differenze per arrivare a smart city più family friendly.

Smart City a misura di donna

  • Piacenza: col progetto ABI sono stati realizzati un nido d'infanzia e una casa per anziani all'interno della stessa struttura. È un luogo di incontro sociale, culturale ed educativo. Un punto di scambio di esperienze tra gli anziani, ancora in grado di offrire alla società le proprie capacità e le nuove generazioni in crescita.
  • A Piacenza, parcheggi dotati di sensori permetteranno di illuminare automaticamente le piazzole di sosta, assicurando maggiore sicurezza alle persone.
  • Sempre a Piacenza, le donne si fanno maggiore carico dell’assistenza degli anziani. Se i sensori ci permetteranno di monitorare meglio il loro stato di salute, saranno soprattutto le donne a beneficiarne.
  • La mobilità è sostenibile se è smart, favorendo la condivisione dei mezzi tra le persone.
  • La partecipazione è fondamentale: i primi sensori siamo noi. La maggior parte dei dati è prodotta da noi, spostandoci, scrivendo sui social e compiendo tante altre attività quotidiane. La loro produzione è prevalentemente human sensing, anche perché lo human sensing costa poco. Qui si pone un grande tema di partecipazione e consapevolezza (che manca). Pensiamo ad esempio a come si è reagito alla creazione dell'app Immuni e a come si accetta tranquillamente, al contrario, che sui nostri social compaiano pubblicità targettizzate.
  • Le istituzioni devono provare ad aprire spazi in cui le decisioni sui dati vengano prese in maniera condivisa e consapevole. La citizen science, che produce innovazione dal basso, va incoraggiata, e lo stesso deve accadere anche con la citizen technology, anche in spazi come i Laboratori aperti.
  • È il momento dei cosiddetti gemelli digitali, infrastrutture che replicano alcuni scenari sui dati e poi immaginano i loro sviluppi successivi. Dove c’è grande produzione di dati, si è già partiti in questa direzione. Ad esempio, riusciremo a prefigurare molto meglio gli impatti di alcune scelte, come il percorso dei mezzi pubblici in relazione ai luoghi di cura.

Yes they can: donne competenti e digitali

Yes they can: donne competenti e digitali

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Mercoledì 2 febbraio 2022 - Laboratorio aperto Cesena, Sala Lignea della Biblioteca Malatestiana

Paola Salomoni discute con Barbara Carfagna, giornalista televisiva e divulgatrice scientifica esperta di politica ed economia digitale.

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Highlights dell'evento

Ancora oggi, gli stereotipi di genere limitano la partecipazione delle ragazze ai percorsi formativi dedicati all’apprendimento delle discipline a maggiore vocazione tecnologica e ingegneristica, riducendo le loro opportunità di accesso a opportunità professionali attrattive e di prospettiva.

Le competenze necessarie del futuro saranno soprattutto quelle in ambito tech e digitale. I dati ci dicono che la presenza femminile nelle materie STEM in generale, e Tech (ingegneria, informatica) in particolare è molto bassa, non permettendo quindi alle donne di avere le qualifiche per proporsi per i nuovi lavori del futuro. In questo scenario, è quanto mai urgente attivare una serie di interventi per incoraggiare le giovani donne a intraprendere studi adeguati, affinché possano impossessarsi di un mindset digitale. Le istituzioni e le aziende devono fare la loro parte e promuovere strumenti attivi per aumentare non solo il numero delle donne tech, ma anche la loro rappresentanza nei ruoli apicali e di leadership.

L’assenza delle donne dalla cultura digitale è infatti una perdita non solo per le donne in quanto soggetti singoli, ma per l’intera società civile, anche dal punto di vista economico, e non solo in termini di equità sociale.

Quali sono le competenze digitali che occorrono al mondo di oggi?

  • Siamo sul crinale di un cambiamento epocale: il passaggio da una interpretazione lineare dei dati, tipica della storia come l'abbiamo fin qui conosciuta, a una fase in cui le tecnologie portano a una produzione di dati talmente smisurata da mettere in crisi questi meccanismi.
  • Tali cambiamenti richiedono lo sviluppo di  competenze radicalmente diverse rispetto a quelle necessarie fino a pochissimo tempo fa. Questo significa che a breve sarà richiesta una marea di nuove professionalità al momento ancora inesistenti, e fino a poco fa assolutamente inimmaginabili. 
  • Bisogna intervenire sull'adolescenza, lavorando su uno spettro disciplinare ampio: non solo tecnologia pura, ma anche applicata a altri “contenitori”, anche nell' economia tradizionale, in settori come il giornalismo, la moda, ecc. 
  • Un'esperienza da riprendere è quella armena dei TUMO - Center for Creative Technologies: spazi gratuitamente a disposizione degli adolescenti, in cui è possibile utilizzare le tecnologie per imparare a essere autori digitali, seguendo la propria inclinazione tra 14 percorsi specifici.

Competenze digitali per le donne: cosa sono? Solo Informatica? Solo una competenze verticale?

  • È l’ora delle professioni ibride : Il lavoro ibrido combina le competenze tecniche, gestionali, professionali o relazionali, con le competenze informatiche e digitali, le conoscenze per comunicare nei social network, e le abilità per interagire con altre persone, attraverso la mediazione o l’uso delle tecnologie digitali. 
  • Occorre cambiare la narrazione tristissima delle tecnologie, scritta finora da soli uomini, appannaggio di altri uomini.. Occorre “sedurre” le ragazze, parlando loro delle sfumature più ibridate, ma anche degli aspetti a maggiore carattere tech, con un approccio più coinvolgente.

Dove si usano oggi le competenze digitali?

  • esperienze di vita - Paola Salomoni: “Mi sono appassionata all’informatica in un periodo in cui erano pochissime le donne interessate al tema, e ho assistito a situazioni di profonda discriminazione nell’ambiente accademico. A prescindere da questi aspetti negativi, posso però dire che innamorarsi di una cosa in anticipo sui tempi, e arrivare prima degli altri, ti mette in una condizione di vantaggio, creando i presupposti per costruire una posizione e rafforzarla nel tempo.”
  • esperienze di vita - Barbara Carfagna: "Vengo dalla musica, sono una violinista. La passione per il digitale mi è arrivata di 'traverso', dalla filosofia. Ho avuto la cognizione che il digitale stava cambiando l’uomo, ho approfittato della novità del tema per la RAI, e questo mi ha permesso di intraprendere un filone che si è rivelato essere una miniera d’oro. Grazie a ciò, ho potuto girare tutto il mondo. In alcuni Paesi, come Israele, ti accolgono per farti studiare, penso ad esempio al tema della guerra tecnologica. Poter andare in giro, conoscere e approfondire, e capire sempre più quanto le donne possano cambiare radicalmente questo sistema e guidare la prossima rivoluzione - che nell’approccio è molto femminile rispetto all’imprinting maschile tipico del web 2.0 - mi ha dato forza per alimentare sempre di più questa passione".

Dalla parte delle bambine: oggi, come negli anni settanta, sono le azioni positive che fanno al differenza?

  • Siamo in ritardo: le competenze  richiedono investimenti pluriennali, ancor di più se facciamo riferimento a quelle di area tecnica. E in 30 anni le donne iscritte ai corsi STEM sono diminuite, anziché aumentare. 
  • In Corea del Sud hanno adottato un sistema di università STEM solo femminile, per avere modo di coinvolgere le donne in posizioni di comando, insegnando loro l’arte di dirigere. Creando un sistema misto, sarebbero state le prime a cedere ai propri auto-bias, lasciando le posizioni di direzione ai maschi. Di norma, ogni donna proveniente da quel percorso di studi che va a ricoprire posizioni apicali in politica o nel mondo dell’imprenditoria, porta con sé almeno due colleghe di studi. La ritengono l’unica strada percorribile per demolire i bias culturali, e soprattutto gli auto-bias delle donne, ancora più forti di quelli perpetrati dagli uomini. 
  • Serve una grande politica di orientamento, sfruttando le risorse economiche in arrivo, portando ad esempio le ragazze negli atenei per fare campi estivi o altre iniziative di approccio alle nuove tecnologie.
  • Anche l'alfabetizzazione digitale delle donne adulte deve diventare un obiettivo strategico, e lo stesso deve valere per le donne occupate. L’attenzione deve essere esclusivamente dedicata alle donne. Portare le ragazze nei vertici delle discipline tech è l’orizzonte principale a cui dobbiamo tendere.

Ma è un tema di sole competenze digitali

L'informatica ormai è pervasiva: nessuna disciplina o ambito settoriale può più prescindere dalle tecnologie. È anche vero che le altre discipline devono offrire un contributo maggiore al digitale, a cominciare dalla filosofia e dalle scienze sociali.

La tecnologia è democratica? C'è un gap fra tecnologia e politica che pare incolmabile

Col Digital Service Act, il Digital Market Act, e altre norme di alto profilo e inquadramento, l'Unione Europea sta provando a indirizzare gli sviluppi futuri. L’esito è incerto, per ora proviamo a regolare sistemi e traiettorie di evoluzione tecnologica che arrivano dall’Asia o dagli Stati Uniti. Il fatto che l’Europa si stia interrogando su queste grandi questioni, è comunque già di per sé un segnale positivo.

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